La pittura, come la parola, ci insegna
a vedere il mondo.
Non siamo venuti al mondo soli, ma
siamo nati in mezzo ad Altri ed Altri ci hanno insegnato a parlare e
mostrato disegni e segni delle cose. E le nostre prime esperienze
col mondo non sono esperienze di una tabula rasa con un coacervo
crudo di fenomeni, ma sono mediate da questa situazione di
insuperabile coabitazione, già addomesticate per noi.
Quando un bimbo piccolo per la prima
volta vede un albero, è molto probabile che lo abbia già visto
raffigurato e che già conosca la parola albero. Le raffigurazioni
elementari dei libri, dei cartoni animati per bambini, strutturano la
percezione proprio come le parole.
Quando la giovane mente si affaccerà
sul mondo esterno, sarà pronta a riconoscere un albero e a
distinguerlo da un arbusto, non solo perché la sua lingua madre ha
due parole diverse, ma anche perché dalle illustrazioni viste, si è
fatto due disegni mentali distinti per alberi e per arbusti.
Chi di noi ha visto un cavallo o un
leone prima nella realtà e poi nelle raffigurazioni? Anche i
cavernicoli prima di vedere un mammut o un toro a caccia, lo avevano
già visto sulle pareti delle caverne in cui erano cresciuti. La
nostra stessa percezione del mondo è mediata dal lavoro degli
artisti che ce lo hanno raffigurato.
In questo senso dunque la pittura non
ha a che fare solo con l' estetica, col modo di percepire il mondo,
ma anche con la filosofia del linguaggio. La percezione del mondo è
possibile perché gli artisti, come i poeti, hanno foggiato un mondo
di simboli per addomesticare e rendere comprensibile quello che
sarebbe solo un caos. Il pittore a cavalletto dipinge un mondo che è
già strutturato in immagini, ma queste immagini non sono emanazione
dirette del fenomeno, ma sono già costruzioni umane, sono già
linguaggio. Quindi in genere noi percepiamo e torniamo a
rappresentare immagini che sono già costruzioni e linguaggio umani.
In un certo senso non solo la lingua
è la casa dell'essere, ma anche il mondo di immagini che ci circonda
ci permette di approcciarci a una realtà fenomenica che altrimenti
sarebbe solo un flusso caotico di stimoli sonori e visivi.
Ma come una lingua, apre ma al tempo
stesso vela, perché fa perdere proprio quel carattere di alterità
essenziale dell'essere rispetto agli enti che ci dicono le parole,
così le illustrazioni ci fanno vedere il mondo, ma ce lo tradiscono
anche, perché tendono a creare distinzioni dove non ci sono,
catalogazioni dove non ci sono, bloccano in schemi qualcosa di fluido
e sfuggente.
Come il poeta, sacerdote delle parole,
giocando con esse ci può dischiudere un sentore di essere al di là
degli enti, facendo filtrare qualche raggio tra una parola e l'altra, giocando sul carattere indefinito e sulla polisemia, cercando
con le parole di andare al di là delle parole, così il pittore,
custode della raffigurazione, costruendo ma ancor più decostruendo
le immagini, delimitando contorni e ancor più scontornando figure,
illustrando e andando al di là dell'illustrazione, può dischiudere
a quel fluire di impressioni e di stimoli, quella fenomenicità
primigenia, che le immagini definite e le illustrazioni pulite
nascondono.
Ad un livello elementare dunque la
pittura illustra e insegna a vedere il mondo. Ma poiché un mondo al
di là delle immagini è qualcosa di reale e imprescindibile, ecco
che una pittura matura cerca di andare al di là dei limiti della
funzione illustrativa, per cercare un varco verso il magma della
vita.
Così i grandi artisti non illustrano
semplicemente, ma cercano di andare al di là di quello che
illustrano additando ad una realtà più profonda e meno
raffigurabile.
Ad esempio Leonardo sfuma le figure
nell'atmosfera, le collega al paesaggio come se volesse dirci che ci
sta una realtà più profonda che ci attraversa e ci accomuna alla
natura. In Michelangelo ritorna il contorno netto, ma le figure sono
attraversate da un movimento universale che le trascende. In
Caravaggio questa funzione è assolta dalla luce tagliente che
collega e al tempo stesso scompone le figure. E cosi via, tutta la
storia della pittura occidentale è mossa da questa spinta ad una
realtà che eccede la raffigurazione e la "raffigurabilità", anche e soprattutto, negli
esiti novecenteschi.
Ciro D'Alessio, Aprile 2020.
Nello scrivere questa nota avevo in
mente i seguenti riferimenti:
E. Levinas, in “Totalita e
Infinito”, per il concetto che il mondo ci viene insegnato da
Altri.
B. Croce, per l'idea che l'
estetica è filosofia del linguaggio, idea che penso possa avere una
sua valenza anche al di fuori del complesso del suo sistema
idealistico.
M.Heidegger per l' idea che l'arte e in
particolare la poesia siano la casa dell'Essere e che la parola
poetante possa dischiudere un radura nella quale porsi in ascolto
dell'essere al di là degli enti.