mercoledì 8 aprile 2020

La pittura insegna a vedere il mondo


La pittura, come la parola, ci insegna a vedere il mondo.

Non siamo venuti al mondo soli, ma siamo nati in mezzo ad Altri ed Altri ci hanno insegnato a parlare e mostrato disegni e segni delle cose. E le nostre prime esperienze col mondo non sono esperienze di una tabula rasa con un coacervo crudo di fenomeni, ma sono mediate da questa situazione di insuperabile coabitazione, già addomesticate per noi.

Quando un bimbo piccolo per la prima volta vede un albero, è molto probabile che lo abbia già visto raffigurato e che già conosca la parola albero. Le raffigurazioni elementari dei libri, dei cartoni animati per bambini, strutturano la percezione proprio come le parole.
Quando la giovane mente si affaccerà sul mondo esterno, sarà pronta a riconoscere un albero e a distinguerlo da un arbusto, non solo perché la sua lingua madre ha due parole diverse, ma anche perché dalle illustrazioni viste, si è fatto due disegni mentali distinti per alberi e per arbusti.

Chi di noi ha visto un cavallo o un leone prima nella realtà e poi nelle raffigurazioni? Anche i cavernicoli prima di vedere un mammut o un toro a caccia, lo avevano già visto sulle pareti delle caverne in cui erano cresciuti. La nostra stessa percezione del mondo è mediata dal lavoro degli artisti che ce lo hanno raffigurato.

In questo senso dunque la pittura non ha a che fare solo con l' estetica, col modo di percepire il mondo, ma anche con la filosofia del linguaggio. La percezione del mondo è possibile perché gli artisti, come i poeti, hanno foggiato un mondo di simboli per addomesticare e rendere comprensibile quello che sarebbe solo un caos. Il pittore a cavalletto dipinge un mondo che è già strutturato in immagini, ma queste immagini non sono emanazione dirette del fenomeno, ma sono già costruzioni umane, sono già linguaggio. Quindi in genere noi percepiamo e torniamo a rappresentare immagini che sono già costruzioni e linguaggio umani.

In un certo senso non solo la lingua è la casa dell'essere, ma anche il mondo di immagini che ci circonda ci permette di approcciarci a una realtà fenomenica che altrimenti sarebbe solo un flusso caotico di stimoli sonori e visivi.
Ma come una lingua, apre ma al tempo stesso vela, perché fa perdere proprio quel carattere di alterità essenziale dell'essere rispetto agli enti che ci dicono le parole, così le illustrazioni ci fanno vedere il mondo, ma ce lo tradiscono anche, perché tendono a creare distinzioni dove non ci sono, catalogazioni dove non ci sono, bloccano in schemi qualcosa di fluido e sfuggente.
Come il poeta, sacerdote delle parole, giocando con esse ci può dischiudere un sentore di essere al di là degli enti, facendo filtrare qualche raggio tra una parola e l'altra, giocando sul carattere indefinito e sulla polisemia, cercando con le parole di andare al di là delle parole, così il pittore, custode della raffigurazione, costruendo ma ancor più decostruendo le immagini, delimitando contorni e ancor più scontornando figure, illustrando e andando al di là dell'illustrazione, può dischiudere a quel fluire di impressioni e di stimoli, quella fenomenicità primigenia, che le immagini definite e le illustrazioni pulite nascondono.

Ad un livello elementare dunque la pittura illustra e insegna a vedere il mondo. Ma poiché un mondo al di là delle immagini è qualcosa di reale e imprescindibile, ecco che una pittura matura cerca di andare al di là dei limiti della funzione illustrativa, per cercare un varco verso il magma della vita.

Così i grandi artisti non illustrano semplicemente, ma cercano di andare al di là di quello che illustrano additando ad una realtà più profonda e meno raffigurabile.
Ad esempio Leonardo sfuma le figure nell'atmosfera, le collega al paesaggio come se volesse dirci che ci sta una realtà più profonda che ci attraversa e ci accomuna alla natura. In Michelangelo ritorna il contorno netto, ma le figure sono attraversate da un movimento universale che le trascende. In Caravaggio questa funzione è assolta dalla luce tagliente che collega e al tempo stesso scompone le figure. E cosi via, tutta la storia della pittura occidentale è mossa da questa spinta ad una realtà che eccede la raffigurazione e la "raffigurabilità", anche e soprattutto, negli esiti novecenteschi.



Ciro D'Alessio, Aprile 2020.


Nello scrivere questa nota avevo in mente i seguenti riferimenti:
E. Levinas, in “Totalita e Infinito”, per il concetto che il mondo ci viene insegnato da Altri.
B. Croce, per l'idea che l' estetica è filosofia del linguaggio, idea che penso possa avere una sua valenza anche al di fuori del complesso del suo sistema idealistico.
M.Heidegger per l' idea che l'arte e in particolare la poesia siano la casa dell'Essere e che la parola poetante possa dischiudere un radura nella quale porsi in ascolto dell'essere al di là degli enti.