giovedì 11 giugno 2020

La follia per la bellezza e l' Eros....

Dopo aver raccontato il mito della biga alata, secondo cui le nostre anime prima di reincarnarsi erano carri alati che correvano per Iperuranio a seguito degli dei e si beavano della visione delle Essenze eterne, Platone ci regala quella che forse è la più bella pagina sulla bellezza e sull' Eros.

" La vista infatti é il più acuto dei sensi che giungono a noi attraverso il corpo,ma non ci consente di vedere la sapienza:essa infatti susciterebbe incredibili amori se offrisse un'immagine

altrettanto chiara di sè presentandosi alla vista, e lo stesso vale per tutte le altre realtà degne d' amore.Invece solo la bellezza ha avuto questa sorte,di essere evidentissima e amabilissima. Dunque chi non é stato iniziato di recente o é stato corrotto, quando contempla ciò che quaggiù viene chiamato con lo stesso nome non si slancia rapidamente di qua e di là, verso la bellezza pura; di conseguenza, al vederla, non prova venerazione, ma abbandonatosi al piacere, come un animale tenta di montarle sopra e di fecondarla ed essendo abituato all’eccesso non ha paura nè si vergogna di perseguire un piacere contro natura. Al contrario, chi é stato iniziato recentemente e chi ha a lungo contemplato le visioni passate, quando vede un bel volto di aspetto divino, che imita bene la bellezza, o un bel corpo, per prima cosa ha un fremito e qualcuno dei timori passati si insinua in lui. Quindi lo guarda e lo onora come un dio e, se non temesse di apparire completamente folle, offrirebbe sacrifici all’amato come a una statua sacra o a un dio. Poi, come é naturale che avvenga dopo il fremito, alla vista di quello, un cambiamento un sudore e un calore insolito si impadroniscono di lui. Egli, infatti, ricevuto l’effluvio della bellezza attraverso gli occhi, si riscalda e così l’ala viene irrorata. Per effetto di questo calore, si sciolgono le parti circostanti al germoglio che, indurite e chiuse da tempo, gli impedivano di crescere. Una volta che l’alimento ha preso ad affluire,la nervatura dell’ala si inturgidisce e comincia a spuntare dalla radice sotto tutta la superficie dell’anima, che infatti un tempo era tutta alata. In questa fase, dunque, essa ribolle tutta quanta ed erompe. La stessa sofferenza che prova chi sta mettendo i denti nel momento in cui questi spuntano, cioè prurito e irritazione alle gengive,prova anche l’anima di chi comincia a mettere le ali:essa ribolle, ha irritazione e prurito mentre le fa spuntare. Quando dunque l’anima, contemplando la bellezza di un ragazzo,é irrorata e riscaldata nel ricevere il flusso di particelle che ne provengono ( e che appunto per questo sono chiamate " flusso d' amore " ), cessa di dolersi e gioisce. Invece quando essa è lontana dall’amato e inaridisce, contemporaneamente si seccano anche le aperture dei passaggi attraverso le quali spunta l’ala e la loro chiusura impedisce all’ala di germogliare. Così i germogli, rimasti chiusi all’interno insieme al flusso d' amore, pulsando come tutte le parti che palpitano, pungono ciascuno il proprio passaggio; di conseguenza l’anima, tutta pungolata da ogni parte, smania e soffre, ma nuovamente, ricordandosi dell’amato, si allieta. A seguito della mescolanza di questi due sentimenti essa é inquieta per la stranezza della sua sofferenza e furiosa per la difficoltà in cui si trova. In preda alla mania, non può dormire di notte né fermarsi di giorno dov' è,ma corre bramosa dovunque crede che potrà vedere colui che possiede la bellezza. Una volta che l’ha visto e ne ha attinto il flusso d'amore, essa libera le aperture che prima erano ostruite e, ripreso fiato, non sente più i pungoli dolorosi, ma gusta di nuovo il piacere dolcissimo che il momento le offre. E da questa condizione certo non si allontana volentieri né c'è alcuno che essa tenga in considerazione più dell’amato. Si dimentica di tutti, persino di madri, fratelli, amici, e non importa nulla se il patrimonio va in rovina per la sua incuria. Disprezzando tutte le abitudini e le convenienze di cui prima andava orgogliosa, é disposta a essere serva e a coricarsi ovunque le sia permesso di stare il più vicino possibile all’oggetto del suo
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desiderio.Infatti,oltre a venerare colui che possiede la bellezza,essa trova in lui l’unico medico capace di guarirla dai più gravi affanni.Questa passione,o bel fanciullo a cui si rivolge il mio discorso, gli uomini la chiamano eros, ma quando sentirai come la chiamano gli dei, probabilmente riderai per via della stranezza del suo nome. Alcuni degli Omeridi, credo, citano traendoli da quelli apocrifi due versi rivolti a Eros, il secondo dei quali è davvero temerario e non molto regolare metricamente:"I mortali lo chiamano Eros alato / gli immortali invece Pteros / perché costringe a mettere le ali ". A questi versi si può credere o non credere; tuttavia la causa e la passione degli amanti sono proprio queste. Ebbene, se chi viene soggiogato dall’amore ha fatto parte del seguito di Zeus può sopportare con maggior fermezza il tormento causato da colui che prendeilnomedalleali.QuantiinvecesonostatialserviziodiAresehannocompiutoil giro con lui, quando vengono catturati da Eros e credono di aver subito qualche torto dall’amato, diventano sanguinari e sono pronti a sacrificare se stessi e l’amato. " Platone, Fedro.

mercoledì 8 aprile 2020

La pittura insegna a vedere il mondo


La pittura, come la parola, ci insegna a vedere il mondo.

Non siamo venuti al mondo soli, ma siamo nati in mezzo ad Altri ed Altri ci hanno insegnato a parlare e mostrato disegni e segni delle cose. E le nostre prime esperienze col mondo non sono esperienze di una tabula rasa con un coacervo crudo di fenomeni, ma sono mediate da questa situazione di insuperabile coabitazione, già addomesticate per noi.

Quando un bimbo piccolo per la prima volta vede un albero, è molto probabile che lo abbia già visto raffigurato e che già conosca la parola albero. Le raffigurazioni elementari dei libri, dei cartoni animati per bambini, strutturano la percezione proprio come le parole.
Quando la giovane mente si affaccerà sul mondo esterno, sarà pronta a riconoscere un albero e a distinguerlo da un arbusto, non solo perché la sua lingua madre ha due parole diverse, ma anche perché dalle illustrazioni viste, si è fatto due disegni mentali distinti per alberi e per arbusti.

Chi di noi ha visto un cavallo o un leone prima nella realtà e poi nelle raffigurazioni? Anche i cavernicoli prima di vedere un mammut o un toro a caccia, lo avevano già visto sulle pareti delle caverne in cui erano cresciuti. La nostra stessa percezione del mondo è mediata dal lavoro degli artisti che ce lo hanno raffigurato.

In questo senso dunque la pittura non ha a che fare solo con l' estetica, col modo di percepire il mondo, ma anche con la filosofia del linguaggio. La percezione del mondo è possibile perché gli artisti, come i poeti, hanno foggiato un mondo di simboli per addomesticare e rendere comprensibile quello che sarebbe solo un caos. Il pittore a cavalletto dipinge un mondo che è già strutturato in immagini, ma queste immagini non sono emanazione dirette del fenomeno, ma sono già costruzioni umane, sono già linguaggio. Quindi in genere noi percepiamo e torniamo a rappresentare immagini che sono già costruzioni e linguaggio umani.

In un certo senso non solo la lingua è la casa dell'essere, ma anche il mondo di immagini che ci circonda ci permette di approcciarci a una realtà fenomenica che altrimenti sarebbe solo un flusso caotico di stimoli sonori e visivi.
Ma come una lingua, apre ma al tempo stesso vela, perché fa perdere proprio quel carattere di alterità essenziale dell'essere rispetto agli enti che ci dicono le parole, così le illustrazioni ci fanno vedere il mondo, ma ce lo tradiscono anche, perché tendono a creare distinzioni dove non ci sono, catalogazioni dove non ci sono, bloccano in schemi qualcosa di fluido e sfuggente.
Come il poeta, sacerdote delle parole, giocando con esse ci può dischiudere un sentore di essere al di là degli enti, facendo filtrare qualche raggio tra una parola e l'altra, giocando sul carattere indefinito e sulla polisemia, cercando con le parole di andare al di là delle parole, così il pittore, custode della raffigurazione, costruendo ma ancor più decostruendo le immagini, delimitando contorni e ancor più scontornando figure, illustrando e andando al di là dell'illustrazione, può dischiudere a quel fluire di impressioni e di stimoli, quella fenomenicità primigenia, che le immagini definite e le illustrazioni pulite nascondono.

Ad un livello elementare dunque la pittura illustra e insegna a vedere il mondo. Ma poiché un mondo al di là delle immagini è qualcosa di reale e imprescindibile, ecco che una pittura matura cerca di andare al di là dei limiti della funzione illustrativa, per cercare un varco verso il magma della vita.

Così i grandi artisti non illustrano semplicemente, ma cercano di andare al di là di quello che illustrano additando ad una realtà più profonda e meno raffigurabile.
Ad esempio Leonardo sfuma le figure nell'atmosfera, le collega al paesaggio come se volesse dirci che ci sta una realtà più profonda che ci attraversa e ci accomuna alla natura. In Michelangelo ritorna il contorno netto, ma le figure sono attraversate da un movimento universale che le trascende. In Caravaggio questa funzione è assolta dalla luce tagliente che collega e al tempo stesso scompone le figure. E cosi via, tutta la storia della pittura occidentale è mossa da questa spinta ad una realtà che eccede la raffigurazione e la "raffigurabilità", anche e soprattutto, negli esiti novecenteschi.



Ciro D'Alessio, Aprile 2020.


Nello scrivere questa nota avevo in mente i seguenti riferimenti:
E. Levinas, in “Totalita e Infinito”, per il concetto che il mondo ci viene insegnato da Altri.
B. Croce, per l'idea che l' estetica è filosofia del linguaggio, idea che penso possa avere una sua valenza anche al di fuori del complesso del suo sistema idealistico.
M.Heidegger per l' idea che l'arte e in particolare la poesia siano la casa dell'Essere e che la parola poetante possa dischiudere un radura nella quale porsi in ascolto dell'essere al di là degli enti.